Una poesia in memoria dei sette lavoratori della Thyssenkrupp morti nel 2007 a Torino

Il cuore rimasto in Fabbrica
anche adesso che ho raggiunto la pensione
Sognavamo il cielo ma da decenni è sempre più lontano
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
La classe operaia non è più centrale
e il paradiso è diventato inferno
di fiamme di fuoco e d'olio bruciato
di operai sfiniti che fanno notizia solo quando diventano torce umane
Operai sfruttati come non è successo mai
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
Anche il nostro bravo Presidente
urla instancabile le morti sul lavoro
ma anche le sue sono urla impotenti
Addio Compagni di fatica, di sogni e d'ideali
Bagnati dalle nostre lacrime riposate in pace

domenica 4 dicembre 2011

Morti bianche

Dipinto e poesia di Carlo soricelli

Morti bianche

Chiamatele pure morti bianche.
Ma non è il bianco dell’innocenza
non è il bianco della purezza
non è il bianco candido di una nevicata in montagna
E’il bianco di un lenzuolo, di mille lenzuoli
che ogni anno coprono sguardi fissi nel vuoto
occhi spalancati dal terrore
dalla consapevolezza che la vita sta scappando via.
Un attimo eterno che toglie ogni speranza
l’attimo di una caduta da diversi metri
dell’esalazione che toglie l’aria nei polmoni
del trattore senza protezioni che sta schiacciando
dell’impatto sulla strada verso il lavoro
del frastuono dell’esplosione che lacera la carne
di una scarica elettrica che secca il cervello.
E’ un bianco che copre le nostre coscienze
e il corpo martoriato di un lavoratore
E’ il bianco di un tramonto livido e nebbioso
di una vita che si spegne lontana dagli affetti
di lacrime e disperazione per chi rimane.
Anche quest’anno oltre mille morti
vite coperte da un lenzuolo bianco.
Bianco ipocrita che copre sangue rosso
e il nero sporco di una democrazia per pochi.
Vite perse per pochi euro al mese
da chi è spesso solo moderno schiavo.
Carlo Soricelli

domenica 30 ottobre 2011

Marco Simoncelli e i giovani morti sul lavoro

Gli occhi mi diventano umidi
è morto Marco Simoncelli
capelli come un nido sulla testa
simpatia e freschezza della vita in volto
24 anni son pochi per morire lavorando
anche se è stata sua la scelta
di correre in pista ai 300 all’ora
al funerale del moderno cavaliere
diventato icona sono migliaia
Andrea Gagliardoni di anni ne aveva 23
scuro di capelli e occhi neri
bello come il sole lo descrive sua madre
era operaio coscienzioso e diligente
suonava la chitarra con un suo gruppo
Andrea lavorava in una grande impresa marchigiana.
Il 20 giugno del 2006
su una macchina che imprime icone colorate
sul freddo bianco degli elettrodomestici
due tamponi cadono come ghigliottine
e in un attimo gli rubano la vita.
Come Marco ha visto il cielo diventare nero in un momento
l’esistenza e la giovinezza perse per mille euro al mese.
Ranbir aveva la loro stessa età
il sole preso al suo paese gli aveva colorato il viso
lavorava duramente per mantenere la sua famiglia
precario tra i più precari perde il lavoro
la crisi colpisce sempre i più deboli
una mattina fredda è stato trovato morto
su una panchina di Piazza dei Martiri a Bologna
in una città che è stata un tempo solidale
fino all’avvento del berlusconismo
che anche nella mia città a fatto macerie
Rambir aveva a fianco per scardarsi solo una bottiglia vuota.
Anche Marinel Lingurau aveva 24 anni
saldatore in una fabbrica di Torino
era arrivato da poco dalla Romania
sorriso aperto ed energia frenetica
il lavoro lui lo divorava
anche quella mattina utilizzava la vecchia saldatrice
smontava un macchinario per un trasloco
di una fabbrica che si stava ampliando
all’improvviso una scarica elettrica l’ha fulminato
invano han cercato di rianimarlo
anche la sua vita è scappata in un baleno.
Potrei così continuare con centinaia d’altri casi
di giovani martiri che muoiono nel silenzio dell'insicurezza
ma chi dirige pensa solo a Tette e culi
e a continuare a dire che tutto va bene

sabato 25 giugno 2011

Anche gli alberi si amano



Nevicata nel parco di Ceretolo
Parco La Fabbreria

Come al solito è ancora buio
Mi avvio a prendere il giornale
Nel parco non c’è nessuno
solo un cane accompagna il suo padrone
La nevicata della notte mi ha destato sorpresa
forma uno strato fragile
che le impronte di piedi umane macchieranno
sono il primo a calpestare il suo candore
Anche il silenzio è ovattato
e il cielo stellato tinge la neve di blu
lo attraverso tutto
arrivo a Riale e compro il giornale
riprendo il viale del parco
il sole lancia i suoi primi raggi
guardo gli alberi del parco attraversati dalla prima luce
due cipressi sulla piccola montagna artificiale si abbracciano
si cercano e si toccano
le loro cime sembrano cercarsi per un abbraccio
anche gli alberi s’innamorano.
Si abbracciano di notte fino all’alba
non vogliono farsi vedere dagli umani
non capirebbero che anche loro sanno amare


domenica 8 maggio 2011

In ricordo di Ranbir



In ricordo di Ranbir

Morire a vent’anni in terra straniera
Ranbir l’indiano è morto così
in Piazza dei Martiri su una panchina.
In compagnia solo di una bottiglia.
Bere per dimenticare che non sei nessuno
dopo aver perso la dignità del lavoro
Eravamo in 50 a ricordarlo
di bolognesi solo qualcuno.
Morgantini mostrava grande dolore
C’erano persone d’ogni colore
Musulmani, ebrei e buddisti
Pochi i cristiani di questa città.
Il pakistano non smetteva di piangere
Aveva abiti dimessi e le stampelle
per una caduta da un motorino
diceva con tutti “aveva solo vent’anni”.
gridava con braccia al cielo il suo dolore.
E il cielo piangeva e l’ascoltava
quel pomeriggio l’ho visto rosso
colore del sangue
La corona di Piazza Grande
Era piena di fiori bianchi
a vent’anni si è sempre innocenti
all’improvviso li ho visti volare
e allontanarsi in cielo come gabbiani.
Buconi suonava una triste nenia col suo violino
musiche antiche di popoli oppressi
Tutti avevamo gli occhi bagnati
Bologna, Bologna dov’eri quel triste sabato di fine aprile
Bologna, Bologna cosa sei diventata?

domenica 20 marzo 2011


A Ralf

Ciao Ralf, piccolo Amico
Te nei sei andato in silenzio
senza disturbare
Ora voli libero lassù con una compagna
a lungo cercata e mai potuta avere
Voli libero senza più guinzagli e padroni
Sei nel tuo Paradiso, nel nostro Paradiso
uguale tra uguali
Dio accoglie chi ha saputo amare
In 15 anni ci hai dato gioia, affetto e compagnia
ci manchi, ci manca il tuo calore.
Ci mancano i tuoi occhi che volevano parlare e consolare
in momenti difficili della nostra vita
Il tuo corpo riposa vicino all'albero gigante
ma il tuo spirito è lassù che vola alto
Ciao piccolo amico
Sono sicuro che ci rivedremo
Se anch’io potrò volare alto

LA PREGHIERA DEL MIGRANTE (Tomba acqua di mare)

LA PREGHIERA DEL MIGRANTE (Tomba acqua di mare) Madre acqua che ci hai generati non punirci per averti abbandonata ingrati miliardi d’anni fa Nuotavamo felici tra le tue acque trasparenti ma spinti dall’avventura siamo partiti per esplorare e popolare terre emerse. Ricordati che siamo sempre tuoi figli. Aiutaci ad attraversare le tue acque senza morire Non scatenare tempeste o giorni infuocati Accompagnaci con un dolce vento che ci porti salvi verso l’Europa dove nessuno muore di fame e conosce guerre feroci. Non farci vagare per giorni o mesi senza sapere più dove siamo Addolcisci le tue acque se abbiamo sete Fai volare qualche pesce sul barcone se abbiamo fame Ridai un po’ d’umanità a chi comanda le grandi navi che appena ci vedono si allontanano Dai luce a chi ci odia senza motivo a chi scatena la paura contro di noi e ci fa apparire mostri terribili Siamo solo poveri disperati che cercano di fuggire da guerre e carestie Ma se proprio non vuoi far questo cullaci con dolcezza tra le tue braccia prendici quando stiamo dormendo o dilaniati da fame e stanchezza. Che almeno la morte ci sia umana

Blu di tuta

Racconterò di blu di tuta
di mani grandi e callose
che amavano e odiavano la terra
mani plasmate da tremila anni di fatica
mani enormi che a fatica afferravano i piccoli bulloni
Accenti diversi si mescolavano
in sogni e utopie collettive
Rivedo pendolari stanchi
che non volevano abbandonare l’ Appennino
e le loro tradizioni millenarie
……poi si sono arresi al mito del progresso
e a salari non condizionati dal dio del tempo
Paesi interi di sasso lassù nell’Appennino ora urlano il silenzio
Erano gli anni sessanta
col blu nasceva la classe operaia
nel rosso sognava il riscatto
di generazioni umili e oppresse
Vecchi operai cantavan la loro resistenza
Ipocriti, borghesi e intellettuali
ci facevano apparire miti viventi
ma forse esorcizzavano solo la paura
della Rivoluzione che si credeva ormai alle porte.
Poi il 68” studentesco, le stragi, il terrorismo
e il consumismo hanno spento e ucciso sogni e ideali.
Quanti ricordi affiorano nella mente
in questo fine luglio del 2002
Ultimi giorni lavorativi
poi addio alla Fabbrica
luogo di sogni, utopie e di umane grandi piccolezze
Darwin in Fabbrica

Anche la fabbrica è una realtà separata
ognuno per sopravvivere si adatta
e inconsciamente una nicchia si ritaglia
C'è l'idealista che si crede puro
L'opportunista sta sempre col più forte
C'è anche lo scemo del montaggio
che scemo poi non è
ma quella nicchia era l'unica rimasta
Poi vedo la pavona
che attira maschi da riproduzione.
Se osservi bene trovi lo stronzo
vuol far vedere che anche lui esiste
Il vecchio leone non vuol mollare
i giovani lo vogliono azzannare e alla fine dovrà scappare.
Darwin ha studiato gli animali in capo al mondo
ma bastava si guardasse intorno.
Operaio delegato sindacale
(sindacalista della Casaralta)

Dopo 25 anni ti rivedo, sindacalista della Casaralta
avevi sguardo fiero e sorriso ironico
tanto le ingiustizie sarebbero sparite.
Io e te avremmo cambiato il mondo.
Ora hai lo sguardo spento e la barba bianca
e il peso delle sconfitte sulle spalle.
Ma pesa più la solitudine.
Allora tutti correvano dietro al sogno
la Classe Operaia fulgida e tonante
coi poveri andava in paradiso.
Orde d'intellettuali ne cantavan gesta e leggende
Ora sei solo a contrattar licenziamenti
e la chiusura della mitica fabbrica.
Le tute blu odorano di vecchio e stantio
il Controllore d'utopie devianti
sa che il sogno dei lavoratori può ancora essere esplosivo
un sogno da malato, deviato e da curare
se ne cerchi ancora la realizzazione.
Anche adesso gli intellettuali cantano e contano
il denaro sporco dei sogni traditi.
Corrono a frotte dal Comunicatore
che dispensa per tutti illusioni
Ognuno è adesso libero
di ritagliarsi un ruolo virtuale
uguale ai protagonisti di telenovele
Sindacalista della Casaralta non fan più treni?
Son meglio i palazzi delle locomotive?
Sindacalista della Casaralta
non contrattare sogni ma licenziamenti.


Dino Campana al manicomio e Regolo

Omaggio a Dino Campana
Le tre del pomeriggio
nel punto più caldo della fabbrica
sono bagnato del sudore di fine luglio
Come in un rituale povero e noioso
prendo il corpo valvola tra le mani
è di alluminio, lucido di lavorazione
verniciato grigio stanco.
L'osservo con l'occhio spento
sai quanto me ne frega d'averlo in mano.
Spero non abbia nessun problema
mi toccherebbe la trafila per il reso
e con questo caldo non ne ho voglia.
La mente va a Dino Campana
poveretto, si è tagliato le palle in manicomio
l'han punito, s'è punito perché si masturbava
Un pazzo non può avere desiderio
e una donna non può nemmeno sospirarla.
Giro il foglio del pensiero
da lontano vedo arrivare il Tedesco
ma non è Campana, ma il Direttore
controlla da lontano se lavori
stranamente oggi è passato prima
e non vede il mio pensiero speso altrove
Quando è passato torno a Campana
ogni quattro righe mi dipinge un quadro
sempre pieno di colori tragici.
Campana, Van Gogh e Ligabue
fra le stelle avevano mente e cuore
ma percezioni, sensibilità e fantasia
oltre agli ostacoli la chiamano follia.
Il corpo valvola è di colore grigio stanco
e brillante d'alluminio lavorato.

Controllo qualità 2000

Controllo Qualità

Nel controllo qualità anche la diversità è noiosa
farabutti i soliti, che si camuffano da progressisti
Sono sempre al servizio dei potenti
Mi han rubato tre anni di pensione
tre anni di vita
che probabilmente diventeranno cinque.
La mia intelligenza e la mia fantasia
quanto avrei dato all'arte mia
se ero ancora pieno d'energia.
Ormai dopo aver mangiato alla sera m'addormento
E pensare che produciamo solo strumenti per far prima
Il Governatore ha lavorato quarant'anni
e altri dieci li "lavorerebbe"
anche a noi vuol far lavorare così tanto
ma il suo è "lavoro" ben diverso.
Lo vedo dietro la grande scrivania
dare ordini con la sua erre moscia
gonfio di potere e di denaro
sempre al servizio di chi ha di più.
sogno per lui un po’ di fonderia
ma m'accontenterei di molto meno.
Trenta volte entra sicuro il tampone
in trenta pezzi con foro lavorato di misura.
In fabbrica ci son gli accoppiamenti
sono certi, incerti e con il gioco.
Sembra di parlar d'amore e sesso
ma sono solo pezzi lavorati.

sabato 19 marzo 2011

Ai ragazzi del Salvemini. Due farfalle in ricordo di Angela e della figlia Maria morte nella strage del 2 agosto dell'ottanta alla stazione di Bologna



Strage alla Stazione di Bologna

due farfalle
In ricordo di Angela e della figlia Maria morte nella strage del 2 agosto dell'ottanta

I ricordi si frammentano
A volte si dimenticano
Ma sono presenti
Volano nell’aria come un sogno
o come incubi da cancellare
Ma sono sempre presenti
Pronti ad intervenire se evocati
Per turbarti se son mostri oscuri
che si annidano nell’oscuro delle mente umana
Ma voglio pensare a due farfalle sgargianti di colori
che volano leggere e sorridenti
su un cumulo di macerie
che ancora sanguinano dopo trent’anni


Strage del Salvermini a Casalecchio di Reno

Sono solo questa domenica mattina
a guardare l’angoscioso squarcio
addolcito con vetri dai colori delicati
che non alleviano la violenza del ricordo.
La mia Pietà qui dentro soffre di più
e il Vecchio Angelo sembra interrogarsi.
L’albero con la cima spezzata dall’aereo assassino
ha formato i suoi rami come ali
vuole anche lui esser gabbiano
e volare in cielo coi ragazzi.
In questa stanza di sogni giovani recisi
senti la loro energia rimasta dentro.
Il Vostro tragico destino è d’aiuto a tanta gente
vecchi, giovani, disabili
tanti sogni e utopie da realizzare
Il Vostro sacrificio è diventato
la nostra “Casa della Solidarietà”.

Equilibrio chimico

Equilibrio chimico

Amarezze della mente che si ferma un attimo a pensare
all’esistenza che passa
comincia a fare dei bilanci su quel corpo che l’accompagna
e sale la tristezza e la depressione
prima lo pensi poi il corpo segue.
Se il corpo e la mente non si uniscono
com’è sola la vita
cos’è la mia vita?
tutto e niente a secondo dell’umore
e in questo momento è molto basso
L’equilibrio chimico si è spezzato
e chissà se per vicende o altro
c’è chi si sente realizzato con niente
e chi non lo è anche se ha in mano il mondo.
Io m’accontenterei di non domandarmi.
Grande Chimico donami un po’ di tranquillità
non accompagnata dalla sofferenza.

Globalizzazione

Globalizzazione

Sconfiggerò gli affamatori di poveri
Lotterò per far sorridere i bambini del Niger
e chi lavora
I pochi duchi globalizzatori
voglion tutto per loro
son comandati dall'imperatore equilibratore.
E’ il duca che ha più potere
si ammanta di falsa modestia
tra noi si confonde
e il bastone del comando nasconde.
Tiene al sicuro soldi e diamanti
con codici solo a lui noti
e c'indirizza verso falsi bersagli.
Mescola le carte
con pochi denari appariscenti
confonde i nostri sogni
li vuole comprare
e ridurci ad involucri sorridenti.
Comanda America, Europa
e il resto del mondo
è lo stesso da 3000 anni
è la parte peggiore dell'anima umana.
Per guadagnare di più
ha voluto la società globale
ha trovato ribelli e sognatori
gli antiglobalizzatori.

Giovani partigiani

Partigiani

Quanti cippi ci sono ai bordi delle strade
foto sbiadite in bianco e nero
di giovani partigiani ancora senza barba
hanno capelli neri pettinati all'indietro
come andavano a quei tempi.
Qualche fiore di plastica
ne onorano ancora la memoria.
Solo alla ricorrenza della loro vita strappata
qualcuno ancora porta fiori freschi
Questa poca libertà che abbiamo
è stata donata col loro sacrificio.
Libertà donata da giovani corpi pieni d'energia
che non sopportavano di volare con catene.
Anche per loro c'è l'oblio del consumismo
che spegne ogni passione, i ricordi e gli ideali.
Canta Guccini che gli eroi sono tutti giovani e belli.
Ma dimenticati.

Tavolo blu. Carezza lieve

Tavolo blu

Abbandonato vicino alla spazzatura
ho visto un tavolo dipinto di blu
lo stesso colore del cielo lontano.
I piedi sono torniti grossolani
come facevano nei tempi passati.
Quel colore mi ha emozionato
via da quel posto umiliante
sta bene in mezzo ai miei quadri dipinti
e le sculture ne esaltano la forma.
Mi chiedo chi può averlo buttato
Forse era di un vecchio ormai morto
che di blu dipingeva i suoi sogni
Continua i miei sogni tavolo dipinto di blu.



Tutti respiriamo la stessa aria

Sono solo
Nella calca dell’umantà
Solo nei miei pensieri
Solo con le mie pare
Come tutti comprendo solo me stesso
Ammantarsi d’ideali
A volte copre
Miliardi di pesone
Sole
Con i loro bisogni primordiali
Smarriti nella cultura stratificata
Che devia dai bisogni essenziali
dell’uomo impastato d’istinti
Ma basterebbe poco
capirsi un po’ di più
Sorridere
E mandare una carezza lieve
Pensando che tutti respiriamo la stessa aria

Ascolto

Ascolto

Sono ad ascoltare l'umore condizionato da sogni artificiali
aiuto alla depressione del vivere.
Dormire senza incubi
ma anche senza volare.
Chimica del cervello e chimica di dose.
Esistenza dipinta di nero buio
dono cattivo della creatività
La fantasia non merita elogi
se ti costringe alla sofferenza
e a misurarti con gli Interrogativi.

Mamma

MAMMA

Da tanto tempo ho i capelli bianchi
e addosso le sberle della vita.
Sogno d'essere sulle sue ginocchia
e il desiderio di una mano tra i capelli
Accarezzati dolcemente.
Ma è solo un attimo
io sono un uomo tosto
la mia generazione comanda il mondo
e la mamma da tanto se ne è andata.

A Davide

A DAVIDE (nonno dei miei figli)

Lunghi silenzi
membra malferme
fatica della vita addosso.
Si è spento il gran cuore di Davide.
Per un momento il mondo si è fermato
per onorare l'umile vecchio.
Si è chiusa la sua stipata biblioteca
Tutti abbiamo perduto qualcosa.

Urlo al cielo

Urlo al cielo

Un urlo di rabbia arriva fino al cielo
urlo contro Dio
Se esiste
e se non esiste perché urlo al cielo?
L’animale non sa di dover morire
Ma è vero?
Per questo esiste solo Dio o il Nulla?
Solo perché gli animali non sanno di dover morire?
Siamo nell’universo soli e senza Dio
che privilegio maledetto è questo
essere consapevoli di esser soli e senza Dio
o con un Dio che ti vuole perfetto come lui
e che ci umilia perché non ce lo permette.
Urlo contro il cielo
ma è lì Dio?
E perché sta sempre così in alto
e non scende in mezzo a noi?
Ci faccia vedere quanto è buono e generoso
salvi qualche bambino che di fame sta morendo
aiuti qualche vecchio che è solo e abbandonato
ci avverta quando qualcosa di tragico sta per accadere
si sporchi anche Lui le mani di concretezza.
Ma no, Lui non può, Lui è Dio
Lui c’è ma non si vede e sta lassù
mi lascia però libero di urlare da solo contro il cielo.

Tre numeri

Tre numeri

29 56 32
non sono tre numeri da giocare
Tre numeri che ci legano
Tre numeri da ricordare
…..Che palle ……sei sempre a brontolarmi
…..Che palle…….sei sempre a rimproverarmi
…..Che palle…….quasi sempre hai ragione
Quando ti vedo vicina e silenziosa
di fianco a me che ti riposi
penso a quanto sono stato fortunato
sempre bella, sembri quasi dolce
Qualche volta mi accarezzi il volto
quando mi vedi con gli occhi chiusi
Cara Floriana, forse meritavi qualcosa in più
Fortuna per me ti sei accontentata
Anche se gli artisti sono poi speciali……..
Buon Compleanno e buon Anniversario

Gli alberi di Cesine danzano per i vecchi

La danza degli alberi del Sannio 2005

Sono tornato nella terra dove danzano gli alberi
Danzano sempre e a ogni ora
A volte la danza è silenziosa
Altre volte rumorosa o rilassante
Ma mai è allegra la loro danza
Gli alberi di Cesine danzano per i vecchi
I giovani se ne sono andati tutti
dalla dolce terra dove sono nato
che anch'io ho dovuto abbandonare da bambino
E’ così da tanto tempo
E’ così ormai da sempre
La linfa ormai non scorre più
I vecchi alberi di Cesine danzano
Ma è una danza triste e malinconica
non sentono più voci di bambini
Ma solo di un anziano che si commuove
quando danzano

I FIGLI DI OSIRIDE

ERANO FIGLI DEL SOLE OMAR E MOHAMMED
FIGLI DEGLI ANTICHI CHE CON LE PIRAMIDI
SFIDAVANO IL CIELO PER RAGGIUNGERE IL SOLE
NEL SANGUE STORIA ANTICA
STORIA MILLENARIA PATRIMONIO DELL’UMANITA’.

MA UN GIOVANE NON SI RASSEGNA AL FATALISMO E ALLA POVERTA’
ALLA MISERIA E ALLA DISPERAZIONE
E L’ANTICA’ IDENTITA’ SI PERDE NEL MARE CHE CI UNISCE

CLANDESTINI
UOMINI SENZA IDENTITA’
SENZA VITA E SENZA STORIA
CLENDESTINI
PAROLA TERRIBILE CHE FA PAURA
A NOI EUROPEI VECCHI E TIMOROSI.

CON QUESTA PAROLA HANNO VINTO LE ELEZIONI
CLANDESTINI , CLANDESTINI, CLANDESTINI
CHE PAURA
MA SOLO SE V’INCONTRO PER LA STRADA
SE OSATE GUARDARMI CON SGUARDO FERMO
DI CHI HA NEL SANGUE STORIA ANTICA
DI CHI NON HA NIENTE DA IMPARARE.

IN QUESTO PAESE DI TETTE E CULI
DI RAZZISTI DELLA PORTA ACCANTO
DI TELEVISIONI E GIORNALI ALLINEATI
QUALCUNO PIANGE ANCORA E SI COMMUOVE
PER LE VOSTRE VITE GIOVANI SPEZZATE
NON CHI IN PUBBLICO VI URLA CONTRO
POI VI SFUTTA E UMILIA NEI CANTIERI.

IL VOSTRO ALLAH VI ACCOGLIERA’
E ANCHE IL NOSTRO DIO
VI PRENDERA’ PER MANO

Zia Arcangela compie cent'anni

Maggio 2008

ZIA ARCANGELA COMPIE CENT’ANNI

Zia Arcangela compie cent’anni
i suoi occhi
la sua mitezza e il suo sorriso
come una goccia di rugiada
ricordano la mamma
Zia Arcangela ama i fiori
come la mamma parla con piante ed animali
Il suo giardino è un’esplosione di colori
sembra dipinto da Antonio Ligabue
o da un Angela che ha visto il Paradiso
Quando la vedo
la dolcezza dei ricordi
di rimpianti e di nostalgia
mi riempe il cuore
Auguri di altri cent’anni
ancora insieme a noi
Cara zia Arcangela.

Vita che sfugge e chiudono la Sabiem

Vita che sfugge


Cervello e cuore dispersi in mille rivoli
che scorrono insieme e divisi
odio, amore
rabbia e angoscia
lotta e ansia
paura e rabbia
affetto e ribezzo
indifferenza e attenzione
fretta e calma

E' vita già sfuggita


24 dicenbre 2007 davanti alla Sabiem con Walter Vitali
Vogliono far morire la Grande Fabbrica
Orgoglio bolognese
I grandi alberi dell’ingresso sono curvi e nodosi
piegati dal vento e dalla vecchiaia
Far apparire vecchia la grande Fabbrica conviene
Farla morire dismessa conviene
Chi vuole fermare la storia operaia?
Che gola quest’area a due passi dal centro
Com’è abbagliante e bello il progresso
di palazzi d’alluminio anodizzato di finto legno
di supermercati straripanti di merci
e di commessi costretti al silenzio
da contratti precari di pochi euro.
Altro che operai che pensano, che lottano, che han radici
Che non vogliono veder morire la loro Fabbrica
Papignani sembra un tribuno della plebe
rammenta una storia antica
la storia di chi lotta per vivere con dignità.
Ricordo a Borgatti la Bolognina
E gli anni mitici della Classe Operaia e dei nostri vent’anni
Se guardo gli occhi preoccupati degli operai
il panettone tagliato ha un gusto un pò amaro.
Che orrore questo Paese di gossip, di cronaca nera
di tette, di culi e paradisi virtuali
che ha ridotta al silenzio la cultura operaia
uccisa da intellettuali prezzolati e servili
ligi alla linea dei padroni dei media.
Calare l’oblio sulla Classe Operaia
Salvando le Grandi Fabbriche ricche di Storia
Salviamo l’Italia.


Natale con le ombre del razzismo

E' tornato Natale
e torna la buona retorica
accompagnata dal pagano consumismo
che riempie gli occhi di regali
e svuota gli animi.
Il piccolo Bambino scuro
dai capelli crespi
nato tra sporcizia e feci d'animali si trasforma negli asettici Presepi
ha gli occhi azzurri come il cielo
i capelli gialli come l'oro
e la pelle chiara color di luna.
Per diventar da uomo
il "Cristo" buono della razza bianca
che così si sente la più vicino a Dio.
Chi ha occhi per vedere e sentire
s'accorge che quest'anno l'atmosfera è ancor più cupa
E il povero semita (ebreo) suonatore di violino
guarda con timore le ombre verdi e nere del razzismo
che si allungano per infettare l’intera società

Ritorno nei Carpazi

Ritorno nei Carpazi

Raccoglievo i sogni
ho un lavoro
avrò una casa
avrò una sposa
avrò bambini.
Ho una sposa
ho bambini
la casa ancora no
ma lavorando duro
riuscirò ad averla
e tra qualche anno tornerò nei miei Carpazi

Ma com’è strana questa mattina
c’è il sole ma ho tristezza.
ma poi quassù su questo tetto
mi torna l’energia
Sono all’aperto e da quassù domino il mondo
Anche oggi dieci ore di lavoro
E' ormai sera
sono stanco e non lo dico
questo tetto maledetto è da finire
questo caldo mi toglie tutte le forze
e il capo mi fa andare più veloce
Vedo intorno l’orizzonte che si muove
ho scuro dentro gli occhi
e la testa gira come una trottola
poi sento il vuoto sotto ai piedi

La mia vita scorre veloce
la caduta sembra eterna
Vedo la mia sposa i miei figli
e la casa che sognavo
tornerò nei miei Carpazi
dentro una bara sigillata.

Sangue del sud

La strage alla Thyssen
è sangue del Sud


I cognomi, i volti, gli accenti
I parenti, gli amici che piangono
E’ nostro sangue, sangue del Sud
Il mondo è pieno del nostro sangue
Disperso in mille rivoli
di lavoro umile, di lacrime
Di genio creativo
E c’è chi ci disprezza e vuol la divisione del Paese
ma si riempie le tasche con il nostro sudore
Andate voi a morire in fonderia, o in un cantiere
Ma non è il momento della rabbia
È il momento di prendere coscienza
e di pensare a ciò che siamo
spesso solo carne da macello.

Antonio schiavone 36
Roberto Scola 32
Angelo Laurino 43
Bruno Santino 26
Rocco Marzo 54
Rosario Rodinò 26
Giuseppe Demani 26
All’emigrante (un canto dall’Italia)
Dedicato alla famiglia di John Cervone, parenti americani ritrovati dopo tre generazioni.
Di questa poesia sono riuscito a ricavarne una canzone molto bella che è stata musicata e cantata dal mio amico d’infanzia Toni Clan

A voi e ai vostri padri partiti con lo spago
questo dolce canto è dedicato
è stata per voi una terra avara
sempre desiderata e nei ricordi mitizzata

E’ un omaggio alla nostalgia, alla malinconia
al cuore stretto e alle lacrime versate

Quando dal bastimento la costa se ne andava
all’arrivo il petto si gonfiava
e la cipria colorava
nelle americhe volevan solo gente sana

I will for you in english to make you fell still italians for a while

E’ un canto dolce e antico
e vien dallo stivale
mille vostri avi sono vissuti qui
l’amore per il bello dall’antenato
avete ereditato

Si riempivano gli occhi d’arte e di splendida natura
Ma per vivere non bastan polenta e olive

Je chanterai en francais pour vous, pour vous fiare sintir ancore un peu italianes

Ormai siete statunitensi, argentini, brasiliani
canadesi, inglesi francesi
uruguayani, venezuelani, australiani
Ma in ogni occasione
srotolate al vento il tricolore

Cantarè en espanolo por ustedes, afin de que aun vos
sentirais un poco italianos

Questo dolce canto a voi è dedicato
vi risveglierà l’amore per questa terra
vi riconosco dallo sguardo
siete ancora un po' italiani
anche se da tanto tempo ormai siete lontani

I werde fur euch auf italienisch singen,
so dab ihr euch noch ein bibchen italianish fuhlen

E da qui noi vi diciamo
che vi amiamo e rispettiamo (aspettiamo)

Canterò per voi in italiano
per farvi sentire un po' italiani

Danza dello smog


Danza dello smog (ispirata dalla scultura ‘Danza dello smog”)

Danza lo smog, danza
danza lo smog
danza se lo vedi
danza se non lo vedi
danza se è trasparente
danza se è consistente
danza dentro le case
e per le strade
si esalta se il traffico è esagerato
e siamo in fila in città
Non sopporta la solitudine
e il silenzio della campagna
danza e non si stanca
e aumenta il ritmo con il casino
danza lo smog, danza
danza lo smog
danza ed è felice se viene il sole
il caldo e l’umidità
danza se viene freddo
si riposa se piove
gode se ci spaventa
e fa un po' di paura
Se esagera e danza troppo
teme che la centralina
gli controlli i valori
gli abbassi il ritmo
e fermi la danza
ma subito si riprende
e torna a danzare
danza lo smog, danza, danza lo smog

Primavera nel Sannio 1998

Primavera nel Sannio
1998

E’ difficile non essere retorici
quando vedi il Sannio al risveglio dall’inverno
Appena si schiariva sono andato in alto
per riempirmi gli occhi e il cuore del più vasto orizzonte
e conservarne il ricordo fino a quando non potrò tornare

Quanto è bella la terra dove sono nato a primavera
per i dolci declivi e i verdi ulivi sembra la Toscana
ma mi dicono che in tanti sono ancora costretti ad emigrare
se ci penso mi vengono gli occhi umidi e mi arrabbio
ripenso a mia madre ed a mio padre
ed a quello che hanno sopportato
Anch’io ho sofferto, anche se nel ‘54 avevo solo cinque anni
e ho avuto la fortuna di crescere a Bologna
E’ difficile per chi non l’ha provato
capire il turbinio di sentimento che puoi avere
verso il luogo che hai dovuto abbandonare

Cercherò di far amare questa terra
anche ai miei due figli nati altrove
che si considerino anche un po' sanniti

Vedere il Sannio a primavera mi fa capire gli antichi suoi abitanti
che lo difesero fino all’estinzione
e perché dalla Svezia i Longobardi.
attraversarono l’Europa per fermarsi proprio qui.

E’ tornata l’estate nel parco louis Armstrong

E’ tornata l’estate nel parco Louis Armstrong

E’ tornata l’estate
me n’accorgo all’improvviso
quando rivedo i bei fiori rossi del melograno
che si trova all’ingresso del parco Louis Armstrong
Sembra impossibile ma è già passato un altro anno
il tempo scorre con una velocità che mi affascina e spaventa
si avvicina l’attimo che mi attende da quando sono nato
e che spero mi farà capire le ragioni della mia esistenza
Sembra ieri che ero ventenne affascinato dall’operaio rivoluzionario
che mi diceva che anch’io potevo cambiare il mondo
Ormai son quasi vecchio
e guardo il cielo a contar le rondini
che ogni anno diventano più rare
Osservo Ralf che ha ormai 5 anni
e che non è ancora riuscito a far l’amore
e se ci fossero, lo porterei a puttane
quanta violenza facciamo agli animali
costretti a viver come noi
per fortuna che ho quest’amico
che mi obbliga ad uscir la sera
mi permette di contemplare la natura
anche se qui addomesticata
Povero Ralf e povera natura
stuprati da miliardi di umani ‘intelligenti”
anch’io sono un dio cattivo
che soggioga piante ed animali
Ma si avvicina galoppando
l’attimo che mi attende da quando sono nato.

L'Italia del 2000

L’Italia del ‘2000

Arriva l’Italia del ‘2000 quinta potenza industriale
con tutti i conti risanati
a spese della gente che lavora
dell’ipocrisia e degli stupiti che credono al potere
quando dice che per eliminare la disoccupazione
occorre aumentare l’età della pensione

L’Italia dei padani
di chi non l’ha coi meridionali e gli extracomunitari
ma che alla fine ci mettono sempre un però.

Del sindacato cogestore del potere
che becca le briciole per terra
e che da tanto tempo a smesso di volare
Dell’angoscia del sabato sera che tiene svegli tutta la notte i genitori
in attesa del ritorno dei ragazzi
che dovrebbero andare a divertirsi
ma che inconsciamente cercan di morire
in questi anni vuoti di valori

L’Italia egoista del nordest
fina a poco tempo fa terra d’emigranti
che esalta la sua etnia e si ubriaca
solo per un poco di ricchezza conquistata
che crede che è meglio far da soli
piuttosto che essere un poco solidali
e parla di chi gli ha dato tanto
come terra straniera disprezzata

L’Italia delle famiglie senza figli
che preferiscono evitare sacrifici
comprarsi un bel vestito e fare un viaggio
piuttosto che crescere un bambino

Paese dei vecchi abbandonati e solitari
chiusi in ospizi o in case vuote
che si commuovono quando vedono un bambino
così raro in questi tempi disperati.

L’Italia della pornografia
e del sesso itinerante e senza amore
e di pedofili assassini

L’Italia di chi guarda alle apparenze
se hai una bella macchina e vesti bene
e che se ne frega dei buoni sentimenti

Arriva l’Italia del ‘2000 quinta potenza industriale.

A noi ipocriti di sinistra

A noi ipocriti di sinistra

Siamo in tanti noi ipocriti di sinistra
Parliamo, parliamo, parliamo d’idealità
ma in realtà siamo razzisti
contro chi ha il sole addosso.
Quel tipo qualcosa ha combinato
se vive per strada abbandonato.
La pancia piena ci fa pontificare
il progresso non si può fermare
se serve è giusto cementificare.
Difensori di poveri e operai
ma non c’è contraddizione
se ai piedi porto scarpe da un milione.
Le ingiustizie degli altri a noi fanno indignare
ma per le nostre c’è sempre spiegazione
La guerra è cosa giusta
Se però non mi riguarda
E siamo sempre a giudicare tutti.
Zitti, zitti, è ora di star zitti.

Omaggio a Pietro Ghizzardi

Ghizzardi Pietro
(omaggio a Pietro Ghizzardi)

Il cappello d’alpino e il mantello
il fisico imponente e lo sguardo dolce e malinconico
raccoglieva cartoni per dipingerci sopra
Con pochi colori naturali
e il nero di fuliggine
riusciva a far capolavori
Dipingeva con occhi e mani da bambino
con lui se ne andata
la civiltà padana-contadina.

E' misteriosa la vita

E’ misteriosa la vita 199

E’ misteriosa la vita
come quando ero ragazzo torno a pensarci
con l’ottimismo della fede rispondi a tutto
e a niente quando sei in crisi
Come una nobildonna salottiera
m’interrogo su futuro ed eternità.
Quando alla sera porto Ralf a fare i suoi bisogni
liberandolo per un attimo della sua prigione casalinga
guardo il cielo cercando il limite dell’infinito
e di riflesso anche quello dell’eternità
un brivido di smarrimento mi prende nel cervello
Quanto è piccola la mia mente
che non riesce a darsi spiegazioni
l’infinito finisce e dove?
e oltre cosa c’è?
l’infinito e l’eternità sono un limite mentale
forse sono nel modo strano di sorridere di quel ragazzo
che lo avrà ereditato da sua madre
forse l’aveva già quel suo antenato etrusco
è questo forse il gran mistero
la trasmissione inconsapevole di tutto?
Nessuno ha insegnato al mio amico ad alzare la zampa per pisciare
e un fiore non sa perché profuma.
Come mio padre sono un visionario
e come mamma con poco mi commuovo
senz’altro ero cosi` quando ero scimmia e verme primordiale
c’è lo spazio, il tempo e l’infinito in tutto questo?


Poesia libera

Piccola storia mia
di sogni stravaganze e utopie
quando mai il sogno è vivo?
mi strapperò di dosso la vita rabbiosa
che mi afferra come un vento freddo
Sempre
La tensione scatta all'improvviso
è umida di sudore puzzolente
Ma i sogni possono rimuovere le speranze
sarebbe meglio legarli
a concetti che evitano l'irreale
a realtà che puoi controllare
e per non ripetere sempre le delusioni.
Ma cosa lascia il mio tempo sognato?
Solo qualche segno smarrito
in gesti conosciuti
che verranno utilizzati
che già sono stati utilizzati
Nel passato
io mi racconto come un cantastorie
che trasmette solo angoscie esistenziali
Via, via quadri sognati e quadri esorcizzati.

A mi peder e mi meder (N'goppa e a bascio) 1998

A mi peder e mi meder
(N’goppa e a bascio)

Quattro anni io tenivo
quando da bascio n’goppa man purtato
papà a Bologna già da tanto tiempo stava
e senza famiglia non poteva stà.
Quando è nata a figlia mia
l’uocchi teneva do cielo chiaro a primavera
comme a tanti da razza mia
Ma mi muiera am ha ricurdè
che anch i so an gli ucc acse
Mammà e papà quando n’coppa stavano
o core a bascio tenevano
quando a bascio stavano
co core cui figli n’gobba stava
Bascio, ngobba, n’gobba bascio
nui non tenimmo mai la pace
cacche cosa sempre ce manca
Da tutte e parte simmo sradicati
e considerati forestieri
anche nei posti ca simmo nati.
Mamma se ne iuta quando a bascio stava
e Floriana a panza teneva
e u figlio mio non ha potuto vedè.
Ogni tanto mi piglia l’arraggiatura
da quando ce stata sta unificazione
er nui meridionali ce stata sula emmigrazzione
E chissà se st’unità per nui è stata na cosa bona.
Ma poi am ven da penser
Che a Bulagna a son cascè ben.

Non far piangere l'angela (Alla compagna)

Non far piangere l’Angela (alla sposa)

Non far piangere l’Angela
ti sembra lontana ma ti è vicina
ti dà amore e non lo vedi
e il suo cielo ha per te sacrificato

Non far piangere l’Angela

Non è scontato che l’avrai sempre al tuo fianco
a volte tante piccole ferite
nell’anima rimangono profonde
non farla piangere quand’è in cucina o dentro al letto
e quando è fuori a lavorare

Non accorgerti di quanto è per te importante
quando temi stia volando via

Il diario di Vincent Van Gogh

Il diario di Vincent

Le orme di mio padre seguirò
pastore d’anime diventerò
sono sempre a veder mostre
adoro i quadri di maestri.
Ma io studierò
servo di Dio io sarò
di nozioni mi han domandato
a per quelle non son portato
e all’esame mi han bocciato
Caro Theo, io sto bene
non gli scriverò che soffro tanto
che l’anima spenta sento
e la mente a volte scappa, scappa via
i colori son calmanti, dipinti sono musica
Mi commuovono i girasoli
quando girano col sole
così bello da copiarlo(imitarlo)
tre in studio ho portato
ma hanno perso l’energia
e son diventati vecchi e curvi.
Caro Theo, io sto bene
a dipingere dal vero
odo gli alberi vibrare
li sento urlar di gioia
quando il cielo è nuvoloso
questo cielo è molto basso
così basso da schiacciarmi
anche ai corvi fa paura
e non voglion più volare, più volare
non voglio più volare
L’angoscia non mio lascia
i pensieri sono cupi
qui mi guardan in modo strano
sembro essere un lebbroso
i colori son nemici
per la rabbia li ho mangiati
mi sento tanto male, da morire
nella testa ho delle voci
mi dicon cose folli
la notte tremo di paura
urlo contro il mondo intero
Caro theo, io sto bene
ormai sono guarito
è stato un attimo di buio
dipingo un paesaggio solo
ma lo vedo con le sbarre, prigioniero, manicomio
fammi uscire, fammi uscire, fammi uscire
Liberato nella casa gialla son tornato
la salute ho ritrovato
ma le voci io risento
e diventan della grida
non sopporto più la vita
e la farò finita.

Cristo degli alberi 1987


(ispirata dalla scultura “Cristo degli alberi)

Urlavo dal dolore quando mi tagliavi i rami
per rendermi più bello ai tuoi occhi
e modellarmi come ti piacevo.
Ma tu non mi sentivi perché sei sordo.
Le mie braccia non erano cresciute casualmente
ma le avevo disposte per cercar meglio la luce, il sole e la pioggia
e poter comunicare.
Sentivo in lontananza il lamento dei miei simili
fatti crescere sui viali come polli in batteria.
Tutti gli anni si ripete quest’orrendo rito
che chiamate potatura.
Con terrore ti vedo afferrare l’accetta
e avvicinarti con lo sguardo spento
come se io fossi un oggetto inanimato
urlo, urlo dal dolore quando mi colpisci
questa volta per abbattermi.
Ma tu non puoi sentirmi perché sei sordo.

Colloquio

Poesia ispirata dalla scultura Colloquio
(dedicata a tutti i vecchi genitori)

Fa molto freddo, ma oggi non potevo mancare
questo freddo mi entra nelle ossa e mi arriva fino al cuore
ho sempre freddo da quando te ne sei andata
Come stai? Lo sai quanto mi manchi
quando c’eri eravamo una persona sola
con uno sguardo ti capivo e mi capivi
Quando insieme andavamo a passeggiare
tu con forza mi stringevi sottobraccio
e la gente ci guardava con affetto
Di me sei sempre stata gelosa
la grande passione della giovinezza si era trasformata
col tempo i sentimenti son diventati dolci e profondi
Com’eri bella quando ti vidi per la mia prima volta
lo sguardo avevi luminoso
Ti ricordi quando ci sposammo ?
a lungo ti aspettai davanti alla Chiesa
la vecchia automobile di tuo zio non ne voleva sapere di partire
Quando t’incontrai in quella balera capii in un attimo ch’eri il mio amore
Con te avrei voluto passar tutta la vita
la nostra vita è stata dura
ma anche piena e viva
Per noi e i nostri figli con tanta fatica il futuro abbiamo costruito
i ragazzi se lo dimenticano
ma non importa, l’importante è che lo sappiamo noi
e che lo possiamo ricordare con orgoglio
Gianni mi ha portato a casa Davide
quel nipotino è proprio delicato gli è tornato ancora il mal di gola
Ricordo ancora le tue lacrime quando Francesca si laureò in Musica
e realizzò il tuo sogno di ragazza
Dopo i litigi facevam la pace
quante notti passate passate a parlar ed a far l’amore
Oggi è il nostro anniversario, sarebbero state le nozze d’oro
come ogni anno ti ho portato cinque rose rosse
Quel ragazzo mi guarda in modo strano
lui non può certo capire quanto mi manchi
che il nostro è stato un grande amore
e che se io ti parlo qui davanti alla tua tomba
tu mi rispondi dentro al mio cuore.

A Pietro Ingrao 1999

Poesia per Ingrao

Sognavi di polvere e torri
ti chiedi e ci chiedi
se son state illusioni

La polvere non è più visibile
col vento forte del consumismo
si è dispersa in mille granelli
ciascuno ha portato con se un pezzetto di torre

I muratori li stanno cercando
e con grande fatica li stan raccogliendo
Anche tu sei un muratore che cerca granelli
e un pezzo di torre stai edificando.

Antonio Ligabue

Una canzone per Antonio Ligabue

Mamma te ne sei andata
io con te non son mai stato
quella donna mi ha voluto
ma mi tratta con distacco.
Tutto faccio per dispetto
in collegio mi spedisce
poi si pente e mi riprende
fino a quando i gendarmi
mi spediscono in Italia.

Chi è cal brot e sgraziè
j’al ciamen al tedesc
Ma l’e al fiol ed Laccabue.

Carriola su carriola
quanta sabbia ho trasportata
fino a quando nella gavetta
uno stronzo mi han buttato
umiliato in un bosco son scappato
e solo in una capanna io vivrò.

Dritto in piedi una buca
son costretto a dormire
mi fasci anche la testa
per salvare naso e orecchie
da topi affamati.

Quando vado a Gualtieri
devo mettermi ad abbaiare
per non prendere sassate.

Svizzera mia cara quanta nostalgia

Dai figliolo vieni con me
No! Tu mia madre hai avvelenata
non sarò mai un Laccabue, sono Antonio…Ligabue

Dammi un bacio, dammi un bacio
e un mio quadro ti darò
io di baci non ne ho mai avuti

Nero di fuliggine e cartoni
si trasformano in animali
coi colori entro nei quadri
sono tigre maestosa
e cerbiatto da predare.

Dammi almeno tre minestre
questo quadro è molto bello.
Tutti vogliono i miei quadri
ma nessuno mi dà amore.
Ora che la vita mi girava
son rimasto paralizzato.
Da bestia son vissuto
morire proprio adesso….
Tra i denti impreco Dio…
non doveva finire così.

Sogno il ritorno ad una civilità pastorale

Sogno il ritorno ad una civiltà pastorale

Rifiuto il progresso e la società industriale
sogno il ritorno ad una civiltà pastorale
Non voglio vivere in una fabbrica chiusa
tra fumi e rumori innaturali
e produrre oggetti che non servono a niente
Vorrei vivere con luce solare e non con quella artificiale
Rifiuto il progresso e la società industriale
sogno il ritorno a una civiltà pastorale
Non voglio farmi lavare il cervello con Vip
in un ufficio sterilizzato
e dialogare soltanto con Windows 2000
Non voglio avere come prima esigenza
l’incremento di quel che consumo
esser trattato da deficiente nei tanti spot in televisione
Rifiuto il progresso e la società industriale
sogno il ritorno ad una civiltà pastorale
Non voglio mettermi la mascherina
se voglio andare a fare due passi
non voglio neanche fare i duecento
per recuperare qualche minuto
e poi fare tre ore di fila alle casse di un supermercato
Non voglio fare l’amore con una donna virtuale
ma con una che ha anima e corpo
non voglio nemmeno ammalarmi di cancro
a causa di sostanze che non conosco
e quante piante e animali sacrifichiamo
di giorno al buio in appartamenti
con porte e finestre con inferriate
che sembrano celle per criminali
Sogno il ritorno a una civiltà pastorale
per poi mandare tutti a .......

giovedì 17 marzo 2011

A mio nipote Christian Visconti morto in moto investito da un automobilista il 6 ottobre del 1990 all'età di 18 anni

Cavaliere sannita, cavaliere moderno

Sapevi chi erano e quel che cercavano
arrivavano dal fiume i nemici di sempre
la donna e la terra ti volevan strappare.
Battaglia tremenda non ti ha perdonato
la lancia spezzata e la spada caduta
lo sguardo feroce al nemico vincente
e un pensiero d'amore al tuo mondo che andava.

Ti hanno sconfitto cavaliere sannita
ma la vita si rischia per quel che si ama.

Cavaliere moderno eri giovane e bello
in quel giorno di ottobre un suona alla porta
ignaro l'amico ti portava a morire
Il sole e la luce andavate a cercare.

Il cavallo di ferro era docile e calmo
amavi sentire i vento sul corpo.
Senza armi indifeso non avevi nemici
Bianca di zinco ti stava cercando
era lucida e fredda quando ti è apparsa
la difesa non c'era e la fuga nemmeno
si avventa ti prende e ti scaglia lontano.
L'asfalto e poi nulla.

Eri in guerra ma il nemico chi era?
il sorriso forzato e patinato?
chi porta l'abito firmato?
Il tempo veloce e impazzito?
Cavaliere moderno chi era il nemico?
Scritta nel 1990 e pubblicata sul libro "maruchein" abitavo in Via del Carroccio del 1997

Madre

Madre
Donna
dai l'amore
il più profondo

Donna del sud

Donna del sud

Quanto hai pianto donna del sud
con gli occhi scuri della Magna Grecia
e quelli chiari ereditati da Normanni e Longobardi.

Hai disperso le tue lacrime in 3 continenti
sei stata ovunque vicina al tuo uomo
raccogliendo il suo sfogo e la sua nostalgia
anche tu sognavi il ritorno
e da sola piangevi per non dar dispiacere

Non è ancora luce quando vado al lavoro
sono fermo incolonnato in tangeziale
e ti penso commosso come madre e compagna.

Presto raccoglieremo le tue lacrime
le porteremo dove sei nata
torneremo laggiù in processione
e orgogliosi in milioni di discendenti ti onoreremo.

Tratta dal libro "Maruchein" Abitavo in Via del Carroccio.

Una poesia in memoria dei sette lavoratori della Thyssenkrupp

Una poesia in memoria dei sette lavoratori della Thyssenkrupp
morti nel 2007 a Torino

Il cuore rimasto in Fabbrica
anche adesso che ho raggiunto la pensione
Sognavamo il cielo ma da decenni è sempre più lontano
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
La classe operaia non è più centrale
e il paradiso è diventato inferno
di fiamme di fuoco e d'olio bruciato
di operai sfiniti che fanno notizia solo quando diventano torce umane
Operai sfruttati come non è successo mai
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
Anche il nostro bravo Presidente
urla instancabile le morti sul lavoro
ma anche le sue sono urla impotenti
Addio Compagni di fatica, di sogni e d'ideali
Bagnati dalle nostre lacrime riposate in pace.

Non voglio più essere italiano

Non voglio più essere italiano

Non voglio più essere italiano
diventerò padano poi...
emiliano
bolognese
di Borgo Panigale
di Via del Milliario
del numero 7
della porta di destra
del primo piano
non voglio più essere italiano.



Tratta dal mio primo libro del 1997 "Maruchein" abitavo in Via del Carroccio

Al razzista

Al razzista


Tu non hai provato cosa vuol dire essere emigrante
non hai provato a sentir la nostalgia
e un brivido per un accento che riconosci familiare.

in ogni luogo della terra siamo stati schiavi
con i sesterzi guadagnati col udore
abbiamo riscattato i nostri figli.

Non riesci più a distinguerci
e a distinguerti
e questo ti spavanta.
Faremo di tutto per tener unita questa Italia
che nacque in tempi remoti
nei cuori di un piccolo popolo in fondo allo Stivale.
In suo nome s'immolaron gli estruschi e i Sanniti
i patrioti del Risorgimento
I Contadini padani e salentini nella Grande Guerra
e i Partigiani con la Resistenza per scacciare l'occupante

Cento milioni di uomini sparsi per il mondo
riconscono questa terra come Patria.

Ci appartiene uno dei tuoi figli
uomo della divisione.
Sarai deriso barbaro
con solo l'oro nel cervello.
Non saremo mai razzisti contro il tuo razzismo.
Nelle nostre vene scorre il sangue
di tutti i popoli europei
anche nel tuo che tanto ci disprezzi.

Tratta dal mio primo libro del 1997 "Maruchein" abitavo in Via del Carroccio





prega anche il razzista

Torneremo presto a votare
Speriamo che ci sia qualche stupro
Qualche omicidio o sequestro di persona
di pensionati che dormono tranquilli
nelle loro casette di periferia
che siano torturati e costretti a indicare
dove sono i poveri risparmi di una vita.
Speriamo in molti appartamenti svaligiati
E che i colpevoli siano albanesi
marocchini, tunisini o zingari romeni
ma se questo non è possibile
anche un terrone come colpevole può andare bene.
I toni già li abbiamo alzati
la sinistra vuole dare a loro il voto
noi abbiamo bloccato i clandestini
ma non possiamo fare niente per i regolari
anche loro dovranno essere espulsi se vinciamo
Non importa che siamo noi a governare
ormai da due decenni
che abbiamo ridotto alla fame
milioni di giovani lavoratori
col precariato e con la legge 30
Che la ricchezza l’abbiamo fatta accumulare
nelle mani di pochi miliardari
Gli operai danno a noi il consenso
anche se sono con le tasche vuote
il potere d’acquisto l’abbiamo dimezzato
Basta dir loro che gli stranieri scippano il lavoro
Non devono saper che son sempre i nostri
che li assumono con salario da caporalato
così anche loro si devono adeguare
Gli stranieri stuprano, uccidono
ruban nelle case e violentano le nostre donne
I nostri media già si preparan alle elezioni
Quasi nessuna televisione più ne parlava
li avevam fatti sparire dalla circolazione
erano diventati bravi e buoni
Ma presto ci saranno le elezioni
tornano ad alzar la testa, rubano
stuprano e uccidono
per colpa della sinistra che li protegge
Che meraviglia questi extracomuntari
zingari romeni e terroni
da vent’anni ci fan vivere di frottole.