Una poesia in memoria dei sette lavoratori della Thyssenkrupp morti nel 2007 a Torino

Il cuore rimasto in Fabbrica
anche adesso che ho raggiunto la pensione
Sognavamo il cielo ma da decenni è sempre più lontano
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
La classe operaia non è più centrale
e il paradiso è diventato inferno
di fiamme di fuoco e d'olio bruciato
di operai sfiniti che fanno notizia solo quando diventano torce umane
Operai sfruttati come non è successo mai
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
Anche il nostro bravo Presidente
urla instancabile le morti sul lavoro
ma anche le sue sono urla impotenti
Addio Compagni di fatica, di sogni e d'ideali
Bagnati dalle nostre lacrime riposate in pace

martedì 16 dicembre 2014

Le ortensie sfiorite dedicata tutti i morti sul lavoro

Ortensie sfiorite Ho gli occhi che mi bruciano e Le braccia sono stanche Domani andrò lassù per avere freschezza e tranquillità Le ortensie del sentiero sono sfiorite Le forbici non serviranno a reciderle ma per restituire alla terra i suoi fiori sotto le piante che le hanno viste nascere e colorare Torneranno a concimare la terra le ortensie sfiorite e renderanno vigorosi i fiori nuovi che nasceranno a primavera la vita è eterna in continua rigenerazione

venerdì 21 novembre 2014

Poesia e dipinto su Aion il dio tempo infinito

Io sono il tempo Passo e non passo se mi guardi da un’altra prospettiva Io ti vedo dentro e tu corri, corri e corri Ma non mi raggiungerai mai e non recupererai il tuo tempo perduto Ti chiedo dove vai Io ho gli occhi blu dell’Universo che il tempo non conosce Se hai vent’anni sei già tempo passato come me che non ho tempo ma rifletti pensa qual’ è il tuo tempo e dove vai E forse un po’ di pace troverai se ti accorgi che il tuo tempo è limitato e racchiuso in uno spazio controllato

venerdì 3 maggio 2013

Copricerchio

Tutti i martedì passo per la bazzanese oltre il ponte dove sopra passa l’autostrada sul bordo della strada in mezzo alla terra che in parte ti copre ti vedo che mi guardi silenzioso hai occhi tondi e bocca spalancata il corpo lacerato dalle botte ricevute sei caduto o ti sei staccato per le vibrazioni dopo esserti allentato Per fortuna sei stato sbalzato fuori dalla strada in un posto dove non possono più colpirti dopo aver ricevuto molti colpi da automobili che correvano veloci Mi fai sempre un po’ di pena anche se ormai sei inanimato e non corri più ai cento all’ora da mesi sei semicoperto dalla terra Ho deciso di raccoglierti ti porterò a casa anche se sporco e lacerato con una cicatrice sulla bocca aperta e parte del corpo tondo ormai per metà distrutto. Il tuo colore grigio è ancora molto intenso anche se pieno di graffi Ti ho portato dentro casa mia ti ho lavato e incollato su un supporto in legno Ti ho trasformato a nuova vita diventerai un’opera d’arte tanto ormai lo è anche uno stronzo cagato da Manzoni che aveva intitolato l’opera “merda d’artista Mia moglie in casa non ti ha voluto Ti ho lasciato addosso anche lo sporco accumulato in fondo ha ragione sei fatto in serie e sei poco attraente Tanti come te li vedo distrutti sulle strade Copricerchio staccato da un’automobile ormai sei immortalato, sei opera d’arte in questi tempi di cretini.

domenica 4 dicembre 2011

Morti bianche

Dipinto e poesia di Carlo soricelli

Morti bianche

Chiamatele pure morti bianche.
Ma non è il bianco dell’innocenza
non è il bianco della purezza
non è il bianco candido di una nevicata in montagna
E’il bianco di un lenzuolo, di mille lenzuoli
che ogni anno coprono sguardi fissi nel vuoto
occhi spalancati dal terrore
dalla consapevolezza che la vita sta scappando via.
Un attimo eterno che toglie ogni speranza
l’attimo di una caduta da diversi metri
dell’esalazione che toglie l’aria nei polmoni
del trattore senza protezioni che sta schiacciando
dell’impatto sulla strada verso il lavoro
del frastuono dell’esplosione che lacera la carne
di una scarica elettrica che secca il cervello.
E’ un bianco che copre le nostre coscienze
e il corpo martoriato di un lavoratore
E’ il bianco di un tramonto livido e nebbioso
di una vita che si spegne lontana dagli affetti
di lacrime e disperazione per chi rimane.
Anche quest’anno oltre mille morti
vite coperte da un lenzuolo bianco.
Bianco ipocrita che copre sangue rosso
e il nero sporco di una democrazia per pochi.
Vite perse per pochi euro al mese
da chi è spesso solo moderno schiavo.
Carlo Soricelli

domenica 30 ottobre 2011

Marco Simoncelli e i giovani morti sul lavoro

Gli occhi mi diventano umidi
è morto Marco Simoncelli
capelli come un nido sulla testa
simpatia e freschezza della vita in volto
24 anni son pochi per morire lavorando
anche se è stata sua la scelta
di correre in pista ai 300 all’ora
al funerale del moderno cavaliere
diventato icona sono migliaia
Andrea Gagliardoni di anni ne aveva 23
scuro di capelli e occhi neri
bello come il sole lo descrive sua madre
era operaio coscienzioso e diligente
suonava la chitarra con un suo gruppo
Andrea lavorava in una grande impresa marchigiana.
Il 20 giugno del 2006
su una macchina che imprime icone colorate
sul freddo bianco degli elettrodomestici
due tamponi cadono come ghigliottine
e in un attimo gli rubano la vita.
Come Marco ha visto il cielo diventare nero in un momento
l’esistenza e la giovinezza perse per mille euro al mese.
Ranbir aveva la loro stessa età
il sole preso al suo paese gli aveva colorato il viso
lavorava duramente per mantenere la sua famiglia
precario tra i più precari perde il lavoro
la crisi colpisce sempre i più deboli
una mattina fredda è stato trovato morto
su una panchina di Piazza dei Martiri a Bologna
in una città che è stata un tempo solidale
fino all’avvento del berlusconismo
che anche nella mia città a fatto macerie
Rambir aveva a fianco per scardarsi solo una bottiglia vuota.
Anche Marinel Lingurau aveva 24 anni
saldatore in una fabbrica di Torino
era arrivato da poco dalla Romania
sorriso aperto ed energia frenetica
il lavoro lui lo divorava
anche quella mattina utilizzava la vecchia saldatrice
smontava un macchinario per un trasloco
di una fabbrica che si stava ampliando
all’improvviso una scarica elettrica l’ha fulminato
invano han cercato di rianimarlo
anche la sua vita è scappata in un baleno.
Potrei così continuare con centinaia d’altri casi
di giovani martiri che muoiono nel silenzio dell'insicurezza
ma chi dirige pensa solo a Tette e culi
e a continuare a dire che tutto va bene

sabato 25 giugno 2011

Anche gli alberi si amano



Nevicata nel parco di Ceretolo
Parco La Fabbreria

Come al solito è ancora buio
Mi avvio a prendere il giornale
Nel parco non c’è nessuno
solo un cane accompagna il suo padrone
La nevicata della notte mi ha destato sorpresa
forma uno strato fragile
che le impronte di piedi umane macchieranno
sono il primo a calpestare il suo candore
Anche il silenzio è ovattato
e il cielo stellato tinge la neve di blu
lo attraverso tutto
arrivo a Riale e compro il giornale
riprendo il viale del parco
il sole lancia i suoi primi raggi
guardo gli alberi del parco attraversati dalla prima luce
due cipressi sulla piccola montagna artificiale si abbracciano
si cercano e si toccano
le loro cime sembrano cercarsi per un abbraccio
anche gli alberi s’innamorano.
Si abbracciano di notte fino all’alba
non vogliono farsi vedere dagli umani
non capirebbero che anche loro sanno amare


domenica 8 maggio 2011

In ricordo di Ranbir



In ricordo di Ranbir

Morire a vent’anni in terra straniera
Ranbir l’indiano è morto così
in Piazza dei Martiri su una panchina.
In compagnia solo di una bottiglia.
Bere per dimenticare che non sei nessuno
dopo aver perso la dignità del lavoro
Eravamo in 50 a ricordarlo
di bolognesi solo qualcuno.
Morgantini mostrava grande dolore
C’erano persone d’ogni colore
Musulmani, ebrei e buddisti
Pochi i cristiani di questa città.
Il pakistano non smetteva di piangere
Aveva abiti dimessi e le stampelle
per una caduta da un motorino
diceva con tutti “aveva solo vent’anni”.
gridava con braccia al cielo il suo dolore.
E il cielo piangeva e l’ascoltava
quel pomeriggio l’ho visto rosso
colore del sangue
La corona di Piazza Grande
Era piena di fiori bianchi
a vent’anni si è sempre innocenti
all’improvviso li ho visti volare
e allontanarsi in cielo come gabbiani.
Buconi suonava una triste nenia col suo violino
musiche antiche di popoli oppressi
Tutti avevamo gli occhi bagnati
Bologna, Bologna dov’eri quel triste sabato di fine aprile
Bologna, Bologna cosa sei diventata?